L’Acqua รจ un diritto, non una Merce

Il 18 novembre 2009 il governo ha ottenuto la fiducia alla Camera sul DECRETO LEGGE RONCHI che prevede la privatizzazione dell’acqua. Attraverso questa norma
– la gestione del servizio idrico viene affidata a privati tramite gara ad evidenza pubblica
– le gestioni frutto di un affidamento in house (cioè controllate direttamente dagli enti pubblici locali) cessano alla data del 31 dicembre 2010
– le società miste possono mantenere contratti stipulati senza gara formale fino alla scadenza nel caso in cui le amministrazioni cedano ai privati almeno il 40% del capitale
– le società quotate hanno tre anni in più per adeguarsi a patto che abbiano almeno il 40% di quota di partecipazione pubblica al 30 giugno 2013, quota che scende al 30% al 2015


PERCHÉ DIRE NO a questa privatizzazione:
– di fatto l’unica forma di gestione ammessa è la società di capitali, in cui saranno investitori privati, poteri forti e multinazionali a prendere il sopravvento. Essa ha ome obiettivo il bilancio in attivo dell’azienda, la remunerazione del capitale e il profitto degli azionisti: vende un prodotto, non gestisce un diritto sociale, un bene culturale e territoriale, il cui accesso deve essere universale e democratico.
– in Italia, dove si pagano tariffe tra le più basse d’Europa (1,29€ al m 3), con l’avvento della liberalizzazione a metà degli anni ’90 (grazie alla legge Galli) le bollette sono lievitate del 61%, contro il +25% del resto del continente. Ad Aprilia la s.p.a Acqualatina ha aumentato le tariffe del 300%; a Firenze Publiacqua del 9.5%; e così a Frosinone, Nola e Portici, Arezzo, La spezia.
– affidare il servizio ai privati non significa avere la certezza che i 60 miliardi di euro necessari per risistemare tubature e fogne siano investiti: prima della legge Galli Stato ed enti locali spendevano 2 miliardi l’anno per la manutenzione degli acquedotti.
Oggi i 91 Ato (i consorzi idrici nazionali), di cui 58 hanno dato in affidamento a s.p.a. il servizio idrico integrato, investono una media di 700 milioni e riescono a realizzare solo il 56% dei lavori promessi. Così in Italia ci sono ancora 2,5 milioni di persone senz’acqua, 9 milioni senza fogne e 20 senza depuratori e oltre 327mila km di tubature che perdono per strada il 37% del liquido che captano alla sorgente
– la privatizzazione dell’acqua, anche a livello internazionale, genera tuttora conflitti e mobilitazioni sociali a causa di una mancanza di equità nella distribuzione e di un aumento, a volte esponenziale, delle tariffe annue: in Bolivia anche del 400%, in Uruguay fino al 700%, in Gran Bretagna del 50%, in Francia del 10% (tanto che il sindaco di Parigi non rinnoverà i contratti, per la gestione della rete idrica pubblica, con le multinazionali Veolia e Suez, in scadenza il 31 dicembre 2009: da gennaio l’acqua sarà gestita da un nuovo ente, pubblico, che permetterà alla città di risparmiare 30 milioni di euro l’anno, bloccando inoltre i prezzi delle bollette). In tutta Italia si stanno formando comitati popolari che lottano per la ripubblicizzazione dell’acqua che è e deve rimanere un bene pubblico e un diritto fondamentale alla vita.
Chiedono alle Regioni di impugnare la costituzionalità della legge e di varare leggi regionali sulla gestione pubblica del servizio idrico e ai Comuni di dichiarare l’ac qua bene di non rilevanza economica e di fare la scelta dell’Azienda pubblica speciale(ente di diritto pubblico) per la gestione delle proprie acque (opzione che a detta di molti avvocati e giuristi, è possibile anche con l’attuale legislazione)
La privatizzazione non è una soluzione
Muoviamoci anche noi per dire
STOP ALLA MERCIFICAZIONE E ALLA
PRIVATIZZAZIONE DELL’ACQUA